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Capitalismo come religione

La parola “ pistis ”, che è il termine greco che Gesù e gli apostoli usavano per “fede” è la stessa che svetta sulle facciate delle banche greche, “ trapeza tes pisteos ” significa infatti “banco di credito”. La fede è semplicemente il credito di cui la parola di Dio gode presso di noi. A sua volta, in latino, “ creditum ” è il participio passato del verbo “ credere ”. Secondo Walter Benjamin il capitalismo è una religione interamente fondata sulla fede, il cui Dio è il denaro. La sospensione della convertibilità del denaro in oro, secondo Giorgio Agamben permette alla religione capitalista di “emanciparsi da ogni referente esterno, cancella il suo nesso idolatrico con l’oro e si afferma nella sua assolutezza”.

Denaro come volontà collettiva o indispensabile registro?

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“Il denaro e i suoi inganni “ è il titolo di un libricino a cura di Angela Condello che confronta i pensieri di Jhon R. Searle e Maurizio Ferraris sul denaro. In estrema sintesi secondo Searle il denaro è una forma di potere, ma oggi vale solo perché c’è una volontà collettiva che vuole che valga, tutti credono che valga, quindi vale.   Un tempo non era così. L’oro o il sale erano beni e merci che venivano usate come denaro. Fino al 1971 il denaro corrispondeva ad una certa quantità d’oro, aveva lo stesso valore di un contratto nel quale la parola scritta assicura un certo potere. Oggi invece è una parola senza fondamento, viene generato dalle banche semplicemente dichiarando che tale denaro esiste. Secondo Ferraris invece non c’è nessuna intenzione di dare valore al denaro, esso è sempre stato necessario solo per registrare gli scambi, con la conseguenza di convertire un valore economico in una quantità numerica. Anche la giustizia funziona grazie alla registrazione e l’archiviazi