IL MESTIERE DI URBANISTA - Marc Augé



Etnologo, insegnante e scrittore


URBANISME un Métier
interviste di Angelo Ferrari sul mestiere di urbanista (Parigi 2004)

intervista pubblicata in "Opere"

_E’ cambiato qualcosa riguardo al vostro concetto di “non luogo” dal 1992?

_ Allora ho utilizzato la definizione di “non luogo” in opposizione a ciò che gli antropologi definiscono un luogo, cioè uno spazio molto simbolizzato che permette a ciascuno di trovare il suo posto in funzione della sua identità, di sapere da quale tipo di relazione può definirsi ed anche di avere dei riferimenti storici condivisi con gli altri. Questo luogo antropologico non è sempre facile da vivere. E’ spesso sovraccarico di senso e può, al limite, mancare di libertà, perché ogniuno sorveglia tutti gli altri. In opposizione a questo si sviluppano degli spazi, di comunicazione, circolazione, consumo, che non possono definirsi nei termini di identità, patrimonio comune, ecc…
In questi nuovi spazi di vita ci sono altre forme di socializzazione che si stanno costruendo.
Oggi l’effetto di appartenire allo stesso pianeta è presente nella coscienza di tutti, viviamo ormai alla scala planetaria. Condividiamo tutti la stessa storia e la neutralità è diventata inconcepibile.
Questi “non luoghi” di cui parlavo sono forse i luoghi di domani, ma non c’è ancora uno spazio pubblico planetario, dove si esprime l’opinione del pubblico sulle questioni riguardanti il pianeta terra. Ci sono delle risorse planetarie in gioco, ma non esistono degli spazi pubblici per discuterne. Per questo i “non luoghi” traducono questa mondializzazione, ma simbolizzano qualcosa che non è simbolizzato, sono degli spazi di libertà ed allo stesso tempo degli spazi di negazione dell’identità.

_ Se pensiamo ai centri commerciali, alle stazioni, alle teleconferenze, vediamo che sono diventati i luoghi dove mostrarsi ed esistere pubblicamente, i più centrali.

_ Oggi esiste un sistema, che Paul Virililio chiama la “meta-città virtuale”, che connette tra loro i centri decisionali economici e politici. Esistono dei punti forti che non sono dei luoghi dove si afferma l’identità di una popolazione, ma restano, per il momento, dei luoghi di negoziazione commerciale o politica, non sono l’espressione simbolica di una popolazione. Questo può provocare una specie di malessere di fronte alla mondializzazione-globalizzazione. E’ un sistema che corrisponde a delle reti reali che non è l’espressione di uno spazio pubblico e dunque bisogna trovare i responsabili. Da questo punto di vista i movimenti alter-mondialisti, nelle loro differenze, sono interessanti perché hanno disegnato degli spazi pubblici planetari e temporanei. Questi luoghi sono diventati famosi, come Seattle o Genova, e sono simbolici di qualcosa, di ancora molto fragile, certo, ma era la prima volta.

_ E allora quali spazi restano oggi all’opinione pubblica, ai cittadini?

_ Parliamo dei paesi che possono definirsi come democrazie. Oggi sono in gioco le regole che governano la rappresentazione. Sono delle democrazie rappresentative nelle quali dei delegati parlano in nome del loro elettorato. Questi processi sono accompagnati da altri processi le cui regole sono poco chiare. Per esempio i sondaggi, per prevedere chi sarà votato, le indagini d’opinione, per misurare la popolarità di una persona o di una decisione. Questo regime d’informazione è difficilmente separabile dall’insieme mediatico perché acquistano senso all’interno di un sistema nel quale l’immagine è costantemente presente.
L’opinione è interrogata ma anche formata dai media. C’è una sorta di abitudine, creata dal mondo dei media, che fa si che abbiamo una falsa familiarità con le persone ed i luoghi che crediamo conoscere, mentre invece li riconosciamo solamente perché gli abbiamo visti tantissime volte.
Questa illusione di essere dietro le quinte l’abbiamo in relazione al mondo intero. Non abbiamo altri punti di vista se non quelli che ci vengono mostrati. Viviamo in una specie di mondo illusorio che ha delle regole molto ambigue che oggi sono quelle della fiction.
I sondaggi e le indagini d’opinione modellano l’opinione perché ogni voto è preceduto da questo tipo d’informazione, di conseguenza influenzano il voto. Tutto ciò si svolge in un ambiente molto strano, che è assai fittizio, nel senso di fabbricato. Tutto ciò s’aggiunge alle domande che si possono avere sulla democrazia rappresentativa, perché è sempre piuttosto difficile che un solo uomo rappresenti cento o duecento mila cittadini.
Dall’altra parte esistono delle forme di vita democratica che non passano per le elezioni nazionali.
Si tratta dei movimenti associativi, delle persone che si riuniscono sulla base di opinioni, la difesa dell’ambiente o di interessi professionali, i sindacati. In francia queste associazioni occupano posti sempre più importanti, ma che non corrispondono al posto che potrebbero avere. Potremmo immaginare di proiettare questa idea nel futuro e che al posto di una seconda camera come il senato, che non corrisponde a granchè perché è la rappresentazione dei rappresentanti, può darsi che si potrà definire una rappresentazione delle associazioni. Esistono forse delle possibilità d’evoluzione del sistema democratico per arricchirne le modalità d’espressione.
Del resto la democrazia locale ha forse meno mezzi mediatici, perché non appartiene alla scala planetaria, dunque localmente ci sono forse delle forme di democrazia un po’ più diretta, nelle piccole città. Ma in questo caso i limiti sono d’altro ordine. E’ il problema della regionalizzazione in Francia. Ho il sentimento bizzarro che più si parla di locale e decentramento e più le elezioni locali prendono un significato nazionale. Il tema della regionalizzazione è diventato tema politico e la conseguenza, un po’ paradossale, è che le scelte nazionali si discutono nelle elezioni locali.

_ Il tempo del passaggio si moltiplica con l’aumentare della mobilità. Con la mobilità del lavoro questo tempo si dilata nella durata, cambi di residenza, di luogo di lavoro, di nazione.

_ Il prototipo della città-mondo è la città degli USA nella quale si trova tutta la ricchezza e tutta la povertà del mondo oltre ai centri (World Trade Center) del sistema. E’ in qualche modo il luogo dei non-luoghi. Si può dire che queste città riassumono il mondo sotto tutti gli aspetti, positivi e negativi. Questa realtà contrastata della città-mondo ci invita a riflettere su tutto ciò che riguarda la mobilità di cui si parla oggi, perché non si tratta di mobilità dello stesso tipo. C’è la mobilità di lusso, quella della jet-society, che al limite potrebbe non esistere vista l’intensità dei mezzi di comunicazione, ma in fondo c’è bisogno dell’incontro faccia a faccia. E’ strano osservare che gli uomini d’affari ed i politici non hanno mai viaggiato tanto come da quando si è detto loro che potrebbero farne a meno. Questo primo tipo di mobilità, alla scala planetaria, non è più del tipo potenza coloniale ma è una mobilità d’arbitraggio, d’intervento, di diritto d’ingerenza. Nell’ideologia del sistema globale ci sono delle possibilità d’intervento locale.
Poi c’è la mobilità ludica, il turismo, che è notevole. Neli Stati Uniti d’America ci sono settecento mila abitanti che ogni giorno sorvolano il territorio, una città aerea. Possiamo dire che il turismo riproduce le divisioni del pianeta, nel senso che sono gli abitanti dei paesi ricchi che vanno a guardare i paesaggi dei paesi poveri. I turisti vanno a visitare i paesi dai quali gli emigranti partono.
La mobilità del lavoro, della povertà o dei rifugiati politici, è ben diversa poiché oggi è soprattutto un’installazione definitiva che non ha più niente a che fare con quella del “sogno americano”, che non era facile, ma che offriva un orizzonte, mentre i risultati delle migrazioni contemporanee non sono garantiti. Questo tipo di mobilità, ne sono certo, a lungo termine è una fortuna per i paesi d’accoglienza. Poi c’è un altro tipo di mobilità che è quello della delocalizzazione, poiché la maggior parte dei prodotti manufatturieri occidentali sono fabbricati altrove, perché costa di meno. Perciò i flussi vanno nei due sensi, i prodotti dei paesi ricchi nei paesi poveri e le persone dei paesi poveri nei paesi ricchi. Riguardo al tema dell’attraversamento bisogna ben distinguere tra mobilità d’andata e ritorno e mobilità definitiva, poiché è in gioco il diritto alla staticità.

_ Oggi è spesso più facile arrivare lontano piuttosto che vicino. La distanza sta perdendo valore?

_ La distanza sta effettivamente perdendo valore anche se l’idea d’istantaneità ed ubiquità di cui parla Virilio è vera solo in proiezione, ma nella realtà concreta non è ancora sensibile. Effettivamente ci potrebbe essere un richiamo all’ordine. Circolare nel sistema è facile, ma appena si è più locali ci si trova in uno spazio che resiste come resiste il tempo. Nell’istantaneità del sistema di trasmissione informatica c’è anche una parte d’illusione perché non si può fare tutto a partire da questa comunicazione. Allora le difficoltà, che emergono quando abbiamo a che fare con le cose localmente, ci ricorda l’ordine delle cose, le immagini non sono che immagini, i messaggi non son che messaggi, il reale resiste.

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