ANTROPOLIS


L’uomo, si sa, è nato raccoglitore, poi cacciatore e infine coltivatore.
Un giorno qualcuno ha convinto gli altri a lavorare di più, per produrre più cibo e fare grandi feste con banchetti. Alla fine della festa il cibo che avanzava era ridistribuito tra i partecipanti. Quella persona così abile a convincere gli altri era anche la più forte, altruista e corretta del villaggio, infatti, divenne il capo-tribù. L’aumento della produzione di cibo fece aumentare la popolazione e l’influenza del capo che convinse gli altri a costruire dei depositi per conservare le scorte di cibo e a intraprendere delle guerre per trovare nuovi terreni coltivabili.
Col passar del tempo però i capi-tribù hanno cominciato a ridistribuire sempre meno di quello che avevano ricevuto e a tenere per sé il resto. Pian piano i contributi volontari al magazzino centrale divennero obbligatori, cioè delle tasse, i terreni agricoli divennero delle proprietà in concessione e i re-distributori non erano più dei capi ma dei re. Era nato lo stato.
Con lo stato aumentavano le disparità tra ricchi e poveri e di conseguenza i conflitti. Mentre i poveri volevano combattere contro l’ingiusta distribuzione delle ricchezze, i re e le élite volevano combattere contro gli altri stati, per conquistarne i territori, imporre le loro regole e incassare più tasse. Era nato l’impero.
Stati e imperi si sono alternati sulla terra per 5000 anni, finché, grazie al motore, l’uomo è passato da coltivatore a fabbricante.
A questo punto l’élite dei più ricchi ha costruito delle fabbriche per produrre nuovi oggetti e ha convinto gli altri a lavorare nelle fabbriche. In cambio del lavoro in fabbrica i ricchi consegnavano dei soldi con i quali tutti potevano comprarsi i nuovi oggetti.
In questo modo l’élite si è arricchita ancora di più, vendendo cari gli oggetti e pagando poco il lavoro.
Invece di mettere delle regole per distribuire equamente la ricchezza, gli stati hanno fatto la guerra e alla fine si sono divisi in due grandi blocchi mondiali: i capitalisti e i comunisti. I capitalisti sostengono che moltiplicheranno i soldi, per assicurare a tutti un lavoro e benessere, mentre i comunisti dicono che le ricchezze saranno gestite dallo stato che penserà a distribuirle equamente.
I due blocchi si sono fatti la guerra con la corsa agli armamenti e hanno vinto i capitalisti. Costoro sono ormai i padroni incontrastati del mondo ed hanno cominciato a togliere quei diritti e quelle regole che avevano dovuto riconoscere ai lavoratori e agli stati. In questo modo le élite comandano gli stati usandoli, ora per aggirare le regole e non pagare le tasse, ora per stipulare contratti commerciali o mettere nuove regole a loro vantaggio.
Con il libero mercato le disparità e i conflitti sono aumentati ancora. I poveri vogliono combattere contro le grandi multinazionali che, a loro volta, vogliono conquistare nuovi mercati e territori da sfruttare. É nato l’impero finanziario.
Nell’impero finanziario circolano tanti soldi. Le macchine stanno sostituendo le persone nella produzione di oggetti e cibo, mentre le persone producono sempre più servizi e contenuti. Circolano anche tanti dati, informazioni preziose come il denaro perché chi le possiede è in grado di influenzare il mercato, la politica, le opinioni e le scelte delle persone.
Questo impero è una minaccia per l’uomo e la natura perché l’accumulo di rifiuti e l’inquinamento della biosfera sono causa di cambiamenti climatici, della riduzione della biodiversità e del diffondersi di malattie incurabili.
A un certo punto qualcuno convincerà la gente che bisogna mettere delle regole e costringere tutti a rispettarle. Allora sarà regolato il mercato, il divario tra i ricchi e i poveri, la proprietà dei contenuti e l’uso dei dati, la produzione di cibo e di oggetti. Tutto sarà regolato e le stesse regole varranno in tutto il mondo.
Chi deciderà quali saranno queste regole?
Potrebbero essere delle élite illuminate di intellettuali, oppure le persone più ricche e potenti, oppure i rappresentanti politici eletti democraticamente, oppure direttamente tutte le persone che possono votare, oppure un complicato processo decisionale che coinvolge tutte queste categorie di persone: gli intellettuali, i ricchi, i politici e gli abitanti.

Che forma si darà allora alle città? Si tornerà forse alle tribù con capi a rotazione? O torneranno le guerre per soddisfare un innato bisogno di competere e prevalere? O ci concentreremo tutti in grandi conurbazioni ultra-dense desertificando ampi territori?

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