LA RIVOLTA PACIFICA
Servono più che mai delle comunità pacifiche di rivolta, come quella nata intorno a Greta Thumberg, internazionali, non governative, civiche e sociali, con voce autorevole, sincera ed onesta, capaci di emozionare tutti i popoli della terra per farli aderire ad un unico grande movimento di riequilibrio socioeconomico, politico ed ecologico.
Ascoltando un telegiornale, in questa fine ottobre 2019, sembra di trovarsi
in un momento storico epocale di svolta. Ci sono manifestazioni popolari in
molti paesi, Cile, Siria, Iraq, Francia, Hong Kong, Ecuador, Barcellona ... e di chissà quante non ne siamo a conoscenza. Tutti protestano contro governi
democratici, non contro dittature, per scelte politiche diverse da quelle
finora privilegiate dagli eletti.
Le città diventano la scena del conflitto sociale e a volte della lotta.
Tra canti e grida, fuochi e spari, idranti e cariche di entrambi i fronti si
consuma il dramma dei poveri contro i ricchi stereotipato in azioni urbane
corpo a corpo di alto valore simbolico, i cui video rimbalzano a lungo nella
rete selvaggia, ma di bassissimo impatto sulle politiche reali. Finisce sempre
che si cambia qualche legge, si diminuisce una tassa, si trova un capo
espiatorio, si concede un aumento alle pensioni o ai disoccupati, a volte si
torna a votare, cambiano le facce dei rappresentanti, ma in fondo, da più di un
secolo, non cambia nulla.
I poveri stanno aumentando in tutto il mondo, muoiono di fame e di malattie
curabili, non hanno una casa degna di questo nome né alcuna speranza di
miglioramento, mentre quelli che oggi sono ricchi stanno diventando ancora più
ricchi, con tesori nascosti in fondi d’investimento, ville e automobili
intestati a prestanome, società di vario genere che fanno girare i soldi in
vari prodotti finanziari per moltiplicarli.
La consapevolezza della crescente diseguaglianza sta rapidamente aumentando
ed i segnali sono presenti ovunque ci giriamo a guardare. L’informazione non è
più libera e imparziale, ma tendenziosa e di parte, almeno quella con più
visibilità, l’opinione pubblica è tecnologicamente costruita e mantenuta
secondo traiettorie d’interesse strategicamente decise, anche grazie a quantità
immense di dati, regalati dagli utenti della rete e dei social in cambio della
gratuità dei software, elaborati da algoritmi intelligenti. Vediamo tutti come
i ricchi approfittano delle politiche neoliberali, delle delocalizzazioni, delle
banche finanziarie che scommettono grazie ai soldi dei risparmiatori e dei
paradisi fiscali. Inoltre dobbiamo anche
assistere alla subdola retorica dei media che trattengono l’attenzione del
pubblico su eventi e concetti preconfezionati, legati sempre alle logiche del
consumo e dello sviluppo infiniti, facendo leva sulle emozioni più semplici e
meccaniche del cervello umano. I protagonisti dell’attuale ordine mondiale sono
le tecniche di comunicazione di massa, la fiducia indiscutibile nel mercato e
la concentrazione del potere e della ricchezza confidando nella naturale ricaduta
per tutti. Ma da più fronti questo ordine sociale si sta rivelando criminale,
omicida, cannibale. E’ un ordine che si basa sulla competizione contro la
solidarietà, sulla corruzione contro la giustizia, sullo sfruttamento contro la
manutenzione. Il risultato è lo sterminio di milioni di persone povere ogni
anno ed il deperimento della biosfera.
Questa consapevolezza dilagante è favorita da diversi fattori che ci
permettono di prevederne effetti macroscopici diffusi a breve se non
interverranno forze avverse. I fattori che avvantaggiano le proteste popolari
sono di due tipi principali: la contro-informazione e la prossimità urbana. La
rete non gerarchizzata di internet permette infatti di seguire traiettorie di
ricerca di informazioni al di fuori dei principali canali di diffusione e molti
internauti raggiungono informazioni derivanti da inchieste di giornalisti indipendenti
che denunciano le ingiustizie e i soprusi. Ma soprattutto il fenomeno di
urbanizzazione della popolazione mondiale è in continua crescita, raggiungendo
oggi cifre impressionanti. Persone che vivono su superfici ridotte e super-accessoriate,
a stretto contatto tra loro e con i centri di potere, vicini ai ricchi e ai
poveri ma separati da confini economici insormontabili. Questi confini, all’interno
delle città, stanno evoluendo e traducendo le separazioni economiche in
separazioni fisiche. Quartieri privati, recintati e con sorveglianza armata,
scuole esclusive al centro di zone urbane socialmente omogenee, club,
grattacieli, alberghi e locali con
accessi impenetrabili agli estranei alla “buona società”.
Questo modello si nutre del desiderio dei poveri, chiamati altrove “i meno
fortunati”, di diventare come i ricchi, cioè spietati sfruttatori e ladri
corrotti, per poter avere tanti soldi, merci e potere. In città si vede soprattutto
il confronto tra soggetti della classe media, non tra ricchi e poveri che,
anche se vicini, non si incrociano che accidentalmente. I borghesi sono i più
interessati dai messaggi dell’ingegneria dell’opinione, consumisti eccellenti, ambientalisti
ipocriti, democratici illusi. Sono esattamente queste persone che manifestano
oggi in tutto il mondo nelle strade delle metropoli. Sono borghesi che
vorrebbero essere più ricchi, che vedono minacciato il loro diritto a
consumare, che sanno quanto sono ricchi e corrotti i pochi che governano e
protestano per la disparità, che sanno quanto soffrono i tanti poveri ma fanno
finta di niente per curare i loro interessi.
Le folle, sui social o per strada, rischiano sempre di degenerare in azioni eccessive, che le fanno condannare dai meno coinvolti anche se le ragioni iniziali sembravano giuste. La violenza è dietro l'angolo, con feroci attacchi verbali o cieca distruzione, ma a questa violenza reagiranno sempre le forze conservatrici con maggior forza ancora, probabilmente giustificata dal principio dell'auto-difesa e dell'ordine pubblico.