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Visualizzazione dei post da 2023

ABITARE LOCALE

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  Il rifugio, il nido, la tana, sono considerati una necessità primaria di moltissimi animali, sia nomadi che stanziali. Fin dalle prime comunità umane i ripari venivano separati in più parti per definire, se non un dominio, degli ambiti di competenza dove una famiglia o una coppia potevano trovare persone, oggetti e atmosfere più intimi. Abitare deriva dal verbo avere che richiama il possesso e il controllo. Significa avere un ambiente noto, che si conosce bene, di cui si ha l’abitudine e nel quale ci si sente al sicuro, tra amici, a casa. Nel tempo il verbo abitare è stato usato anche nel senso di avere un habitus , cioè un particolare modo di essere. L’abitazione viene così identificata come il luogo dove si possono creare, conservare e intensificare particolari modi di essere, dove si coltiva un’identità. L’abitare è strettamente legato al controllo di uno spazio. Chiamiamo abitazione uno spazio che possiamo sottrarre alle intemperie, alla luce, ai pericoli esterni. A

ANTROPOLI

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      Le città e l’urbanizzazione degli ultimi 200 anni sono la forma più rappresentativa dell’Antropocene, il vero volto di un’umanità dominata dal denaro, dai beni di consumo e dall’individualismo. Le immagini delle città ci parlano di noi: grattacieli e baracche raccontano delle crescenti disuguaglianze sociali, le zone monofunzionali (industriali, residenziali, turistiche, direzionali, …) provocano l’aumentare dei confini e delle situazioni di margine dove un magma di reti infrastrutturali (strade, parcheggi, ferrovie, elettrodotti, …) ci dice quanto è grande il territorio abitato. Alla concentrazione di capitali segue la concentrazione di attività e di abitanti dando forma a conurbazioni gigantesche, di decine di migliaia di Km quadrati e decine di milioni di abitanti. A questi addensamenti corrispondono immense aree desertificate e vasti territori sfruttati dagli investimenti finanziari o industriali. Le costruzioni dell’uomo hanno sempre rappresentato la forza e la ric

Figli di schiavi

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  Le nuove persone che nascono oggi vengono al mondo con una madre ed un padre che si occupano di loro, per 15, 20, 25 anni. I genitori alimentano, educano, istruiscono i figli gratuitamente, investendo tempo e denaro senza nessun tornaconto, in perdita, come fanno tutti gli animali. I figli, una volta cresciuti, vanno via di casa e iniziano a lavorare per mantenersi. Lavorano spesso per qualcuno che gli impone ordini, orari e regole. Se lo stipendio è buono riusciranno a loro volta a fare figli, a mantenerli ed educarli in modo che domani trovino un lavoro che permetta loro di fare figli, di mantenerli ed educarli e riprodurre così il sistema. L’antropologo David Graeber osserva gli aspetti comuni di questo sistema con la schiavitù. Grazie alla separazione della sfera domestica da quella lavorativa oggi qualcuno può sfruttare il lavoro di persone adulte senza aver investito risorse nella loro crescita e formazione. Allo stesso modo gli schiavi provengono da territori lontani e c

no eco no party

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  Micrometropolitana di Firenze (progetto 2003)   La sensibilizzazione riguardo alle tematiche ambientali, negli ultimi vent’anni, ha iniziato a influenzare l’opinione pubblica e ha generato nuove regole governative e nuova comunicazione promozionale da parte delle imprese. La comunità europea cerca di orientare le scelte degli stati attraverso incentivi finanziari. Sono favoriti processi volti all’efficienza energetica degli edifici, agli impianti di risorse rinnovabili, al riciclo dei materiali, ai trasporti collettivi e altro ancora. Le imprese private a loro volta pubblicano un’immagine di impegno ecologico, in difesa dell’ambiente e sostenibile. Le società che più investono in questo tipo di comunicazione sono spesso quelle che arrecano più danni all’ambiente, quelle più energivore, farmaceutiche, elettroniche o chimiche, mostrando un ambientalismo più di facciata che reale (greenwashing). Il fenomeno sta assumendo proporzioni tali da mostrare un macroscopico paradosso. Il t