tra stato sociale e crescita economica Lettera a 'Il fatto quotidiano' e a 'Otto e mezzo'
vi scrivo per promuovere il
tema politico dei contenuti e dei valori che mi sembra cedere spazio,
nei dibattiti, a vantaggio di posizioni di facciata.
In questi
giorni, in particolare, la discussione sull'antifascismo si è ossidata
intorno a dichiarazioni più o meno nette senza illuminare il fatto che
la destra di oggi non ha più nulla di sociale, come pretendeva di essere
il fascismo, è anzi dichiaratamente contro la socialdemocrazia e a
vantaggio di un nuovo tipo di imperialismo oligarchico dei grandi poteri
economico-finanziari che non perde occasione di accontentare e
compiacere.
In comune col fascismo queste destre hanno
soprattutto il disprezzo per le repubbliche democratiche che cercano in
ogni modo di indebolire favorendo le teorie di Friedman che sosteneva
più privatizzazioni, meno regole e meno tasse. Gli aspetti sociali del
fascismo, come novant'anni fa, servono solo ad abbagliare le masse
ignoranti, senza nessuna intenzione di riconoscere diritti, assistenza e
solidarietà come farebbe uno stato sociale, volendo invece trasformare
il welfare in una delega a privati magnanimi che fanno ruscellare pochi
spiccioli di mancia a camerieri e lavandaie.
Scusate lo sfogo,
ma vorrei davvero che il dibattito pubblico fosse orientato
all'esplorazione dei possibili scenari in direzione neoliberale o
socialdemocratica.
Sono soprattutto preoccupato per i beni
comuni, dei quali il nostro paese è ancora ricco, che sono oggi
minacciati da una visione produttivistica che favorisce la loro
progressiva privatizzazione.
Commenti
Posta un commento