IL MESTIERE DI URBANISTA - Nino Bogazzi
intervista pubblicata su "opere"
_ Voi
vi occupate dei problemi quotidiani degli abitanti di Parigi.
In che
cosa sono cambiate le pratiche legate all’abitare?
_ Sono innanzi tutto sempre meno diversificate. Le
pratiche più particolari vengono ostacolate da un processo di normalizzazione
dello spazio urbano e non restano più molti luoghi dove i cittadini possono
esprimersi liberamente. E’ un grosso problema dello spazio pubblico questo
perché se non si tollerano le diversità e le “stranezze” si limitano anche le
invenzioni e la creatività necessarie per trovare le soluzioni. Parigi è una
città multietnica ed ogni etnia esporta nello spazio, sia pubblico che privato,
le sue particolari pratiche rassicuranti. Queste pratiche si adattano ad un
ambiente che non solo non è adatto ma si rifiuta di capirle e dunque cerca di
allontanarle o reprimerle.
Dunque
le pratiche diverse da quella occidentale vengono allontanate dalle zone più
centrali e marginalizzate nei grandi quartieri-dormitorio di periferia.
_
Cercando delle soluzioni voi lavorate molto con le diverse istituzioni. Come
trovate il rapporto tra i cittadini e l’amministrazione?
E’ un
rapporto molto difficile. Da una parte ci sono degli amministratori con una
visione piuttosto ristretta di quello che è la realtà delle cose. Occorre
veramente far uscire i funzionari dal rigido schematismo accademico,
cominciando dalle scuole, facendo riflettere gli studenti, lasciando dello
spazio alla sperimentazione. Altrimenti ogni tipo di negoziazione con i
cittadini viene negata ed i progetti spontanei vengono contestati a priori.
Invece bisogna vedere se l’idea può modificarsi in modo che le persone possano
appropriarsi di uno spazio e forse non tutte le soluzioni sono state pensate.
Se le
associazioni, gli amministratori e gli architetti si riunissero per lavorare e
discutere con la gente allora si potrà dire agli insoddisfatti che noi eravamo
disponibili ad ascoltarli ma loro non hanno partecipato.
Dall’altra
parte ci sono i cittadini i quali sono disposti a partecipare solo per delle
questioni che hanno un tornaconto immediato, di solito un alloggio. C’è una
grande volontà verso l’azione ma è molto difficile organizzarsi perché sono
quasi sempre azioni puntuali, non c’è la possibilità di sviluppare manifestazioni
comuni su certi aspetti di modificazione della città. Ci sono dei gruppi
contestatari ma sono casi piuttosto rari, come per la ristrutturazione del
palazzo a Barbès, dove oggi si trova l’accoglienza dell’associazione Habiter au
Quotidien. Avevamo trovato un direttore dei lavori ed un architetto che erano
disposti ad ascoltare ed a far lavorare delle donne magrebine che seguivano la
nostra formazione sui lavori di finitura nell’edilizia. Quella volta, insieme
all’organismo “Droit au Femmes”, siamo riusciti ad organizzare una riunione di
quartiere di 500 persone.
In
quel caso abbiamo dimostrato cosa era possibile fare con
l’auto-ristrutturazione, ma all’epoca né il comune né lo stato erano
interessati a permettere questo tipo di esperienza.
In
generale i cittadini immigrati hanno paura a manifestare perché ci sono delle
liste d’attribuzione degli alloggi e temono di essere cancellati se protestano,
non è vero, ma è una paura.
_ Che
tipo di progetti propone l’associazione di cui fa parte?
Oltre
al progetto di formazione ai lavori edili di finitura ed impianti abbiamo
creato, con altre organismi europei, una nuova figura professionale femminile
che è “l’agente di prossimità”. Sitratta
di mediatori che hanno il compito di aiutare gli abitanti per tutti i problemi
quotidiani e di vicinato, intrattengono rapporti stretti con i cittadini e con
l’amministrazione. Inoltre all’accoglienza ascoltiamo tutti coloro che hanno
problemi di alloggio, espulsioni, insalubrità, sovraffollamento,
incompatibilità, e seguiamo con loro i percorsi amministrativi necessari a
risolverli. Mandiamo ogni anno centinaia di dossier alla prefettura con le
domande di alloggio ma quelli soddisfatti sono una piccolissima percentuale.
Queste sono le attività permanenti in questo momento alle quali si affiancano
diverse azioni di partecipazione su progetti puntuali. Il problema di questo
tipo d’azioni è che i nostri contributi non vengono apprezzati ed anzi vengono
ostacolati perché il comune sostiene che non è compito delle associazioni fare
partecipazione ma esclusivamente dell’amministrazione. Con gli studenti in
architettura avevamo proposto dei progetti per Barbès che cercavano di adattare
gli appartamenti alle esigenze delle famiglie del quartiere, cioè molto
numerose, con donne sole e molti figli, con figli adulti senza indipendenza,
con uomini soli che lavorano.
Il
comune ci ha risposto che era una proposta insensata.
Un’altra
volta abbiamo proposto un sistema di visualizzazione del progetto urbano, in
modo che i cittadini capissero le modificazioni in atto ed esprimessero la loro
opinione.
Questo
progetto l’abbiamo presentato anche in Italia, a Bernardo Secchi, ma l’idea non
è stata mai accolta.
_
Pensate che i cittadini siano sufficientemente informati, coinvolti, attivi?
In questo
momento un po’ di più. Sembra che una certa volontà politica verso la
partecipazione stia nascendo. Per ora a Parigi la chiamano concertazione, che
vuol dire che sono disposti ad ascoltare le idee e le osservazioni degli
abitanti senza però garantire che ne terranno conto. E’ quello che è successo a
Barbès per il progetto di uno spazio musicale. Venivano organizzate delle
riunioni per discutere il progetto alle quali partecipavano qualche
associazione ma nessun abitante. Noi abbiamo deciso di parlarne con la gente in
una baracca costruita sul lotto stesso durante la festa del quartiere. Abbiamo
raggruppato centocinquanta persone disposte a partecipare al progetto, abbiamo
lavorato insieme e mandato il risultato al comune. Il sindaco ci ha risposto che
le osservazioni erano state trasmesse ai tecnici ma che la concertazione non è
un affare per le associazioni. Da quel giorno nessuna notizia, mentre la gente
voleva continuare a seguire il progetto. Sono questi i comportamenti che
impediscono alla gente di partecipare. Quest’anno il coordinamento
inter-associativo di Barbès ha ricevuto notizia che lo spazio musicale non
verrà più realizzato, senza ulteriori spiegazioni.
_
Pensa che ci sia abbastanza solidarietà tra le associazioni di un certo settore
locale o si innescano meccanismi in contraddizione?
_Quali
sono, secondo lei, i reali bisogni degli abitanti?
intervista originale
_Vous avez quel role dans l’association?
Je suis secretaire de l’association depuis sa naissance, depuis 96, nous etions 7-8 personnes, au moment où il y a eu l’annonce de la renovation de la Goutte d’Or.
_ Vous partecipez à quel tipe de reunion?
D’abord il y a les reunion inter-associatives, parce nous faisons partie du groupe des associations de la Goutte d’Or qui conte 17 associations environ. Dans ce cas on discute de l’organisation des programmes commun, par exemple pour la fete du quartier.
Et puis nous faisons la mediation, soit avec la mairie soit avec les commissions locales, pour leur communiquer les difficultees que les gens de l’immeuble, ou du quartier ont, pas seulement dans le 18em mais meme ailleurs à Paris.
Pensez-vous qu’il y a des discriminations dans l’access aux choix sur la ville?
_Il y a enormement de volonté vers des actions, mais il n’y a pas la possibilité parce que les actions des immigrées sont toujours ponctuelles, il y a des grupes qui sont contestataires mais c’est dans des cas trés particulier, par exemple un’expulsion, mais il n’y a pas la possibilitè de developper un’action commune sur certains aspects de modification de la ville. Par exemple il y a a un intervention d’une institution dans un immeuble, il y a des personnes qui veulent occuper l’immeuble, et se font mettre à la porte le landemain. Aprés il y a la discussion, par exemple il y a une reunion dans la mairie du 18em pour l’amenagement du secteur de Chateau Rouge, il y a trois personnes.
Au moment que nous organisons une réunion pour les abitants d’une rue en difficulté il y a plain de gens qui attendent d’etre relogé, ils sont interessé que par le logement. Donc c’est un peu enbetant. Mais la discussion continue, on essai de écouter les familles, de les ragruper.
L’unique fois que nous sommes arrivé à rassembler des gens pour manifester, ça ete pour l’amenagement de 1 rue Léon, siége de la permanence. Là c’été les femmes qui, avec moi, ont manifesté avec l’aide de l’organisme “Droit des femmes”, nous sommes arrivé à faire une réunion du quartier dans laquelle il y avais peut etre 500 personnes.
La responsable de “Droit des femmes” a compris que la femme à la Goutte d’Or c’est pas ce qu’on pense.
_Comment ce n’est pas ce qu’on pense.
Ce qu’on pense de la femme magrebine, par exemple, que c’est une femme soumise etcetera, c’est pas vrais. La femme magrebine elle est libre sans pouvoir s’exprimer.
Donc c’est difficile de faire des manifestations avec.
A’ l’occasion de cette manifestations il y avais la possibilité de dir voila ce qu’on peut faire.
Mais à l’epoque ni la ville, ni l’etat ete interessé a permettre ce tipe de demarche. Nous ne sommes jamais arrivé à la Goutte d’Or à faire de la réabilitation avec le groupes, c’est qua meme extraordinaire.
On a fait une experience sur un immeuble du quartier, parce que le directeur des travaux il a permis de faire travailler un grupe de femmes qui été in formation avec nous. Donc avec l’architecte chargé de la construction on a élaboré le projet architecturale ensemble.
Pour l’architecte aussi il a été un’experience trés positive.
_Vous pensé que dans les quartiers avec une grande percentuelle d’immigré il faut créer des immeuble plus proche à la culture des gens qui l’abite. Pensez-vous qu’il soit possible.
Bon nous l’avons proposé. A’ la Goutte d’Or le grand théme c’est les éspaces commune des grands cours. Avec des étudiants in architecture nous avons cherché de rattacher un nouveau type de constructions aux parcelles de la rue Myra et comment adapter les appartement aux exigences des familles du quartier, c’est à dir soit trés nombrouses (7-8 personnes) soit femme seule avec enfants, il y a les deux. Nous avons presenté la proposition à la mairie. La reponse officielle a été “vous n’etez pas à coté de vos pompes”.
On avais meme immaginé d’avoir des appartements permettant la reduction des membres de la famille, pour les jeunes qu’ils puissent abiter dans le meme espace mais indipendentement. Si on presente un projet comme celui-ci, fait par les gens du quartier et on demande de manifester pour le soutenir les gens ne viendront pas parce qu’ils ont peur, d’etre interrogé et obbligé à donner leur nom, sans papier à part il y a des listes d’attribution pour les appartement et ils crois de passer tout de suite en arriere. C’est pas vrai, mais c’est une crainte.
Les gens qui viennent faire des études avec nous demandent s’ils pourront avoir un logement dans le batiment qu’ils sont in train d’étudier. La reponce est no, parce que un logement en construction ne peut pas etre attribué. L’attribution est à la suite et selon les listes. Donc ce qu’on immagine est de collaborer avec des organismes autres que l’OPAC, qui n’ont pas la containe des listes d’attribution, dans cette facon les gens sont impliquées et ils vont parteciper activement.
_Pensez-vous que le citoienne soit suffisament informé, sensibilisé, actif?
Un peu plus dans ce moment.
Nous avons fait des réunion sur l’amenagement de Chateau Rouge, il ya avais 8 associations et un abitant. Il y a un projet pour un espace musicale, il y a eu un concertation, il y avais 10 associations et deux abitants au point que moi j'ai proposé qu’ils me donnent les plans et les projets et moi, pendant la fete on fais le travail avec les abitants. Dans un baraque dans cet espace nous etions sur place pour expliquer le projet et pour voir s’il y avais des observations et des idées. Pendant ce temp la mairie nous a dit que la concertation c’été un affaire de la mairie et pas des associations.
Nous avons qua meme fait le travail, il y a eu 150 personnes qui sont venu donner leur avis, qui ont noté des choses, on a fait rapport avec les percentageset tout.
Ils m’ont repondu qu’ils ont communiqué les remarques aux architectes concerné.
La ça fini. Les 150 personnes ete disposé à venir chez nous pour faire le travail. Qu’ast ce que je vais lui dir? Le comité de pilotage a clairement dit debrouillez-vous.
C’est cet comportement qui empeche aux gens de parteciper.
_Selon vous qu’est ce qu’il faut changer dans les démarche de construction de la ville d’haujourd’hui?
Sortir les administratifs de leur chéma d’écoles. Comment faire ça? D’abord aller dans les écoles, faire reflechir les étudiants, lasser de l’éspace à la sperimentation.
Autrement on est coincé, on a peur etcetera. Il ne faut pas contester un projet a priori, mais il fout voir si votre idee peut se modifier dans le sens que les gens peuvent s’appropier de cet espace et peut etre vous n’avez pas pensé à tout, ce n’est pas facile de penser à tout. Mon idee c’est que les associations, les amministratifs, les architectes se retruvent pour travailler, pour discuter, et s’il y a des mecontentement, parce qu’il y en a toujour, on pourra dir que nous etions là pour écouter les gens, pourquoi vous n’etez pas venu?
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